Uruguay tra riforme e militanza sociale: intervista a Miguel Estevez
Proseguono le nostre chiacchierate con esponenti dei movimenti latinoamericani in questo ottobre particolare, che è iniziato con le proteste e le terribili immagini di repressione dall’Ecuador e dal Cile da parte di due governi della destra neoliberista, ma sta per chiudersi con una serie di vittorie elettorali dei governi popolari e socialisti, tra cui la Bolivia di Evo Morales che, non senza attriti con un’opposizione ostile, sembra confermare il successo di quel particolare modello di crescita e redistribuzione. Domenica scorsa è stata la volta di Argentina e Uruguay, dove le sinistre hanno conquistato la maggioranza dei consensi a conferma di una ritrovata buona salute in Sudamerica per le ricette progressiste del “campo popular”.
In particolare l’Uruguay è diventato celebre grazie a una serie di governi a guida Frente Amplio, la coalizione delle sinistre al potere dal 2004 dopo aver rotto il bipolarismo tra i partiti tradizionali, blancos e colorados, entrambi conservatori e liberali. Un piccolo miracolo economico e sociale che in tutto il mondo è simboleggiato dal nome e dalla storia di José “Pepe” Mujica, il Presidente contadino, l’ex guerrigliero tupamaro incarcerato dalla dittatura ed oggi rieletto senatore con il più alto numero di preferenze in assoluto. Proprio del partito di Mujica, il Movimiento de Participaciòn Popular, fa parte Miguel Estevez, giovane operaio e noto dirigente politico della città di La Paz, nell’hinterland della capitale Montevideo. Per una certa somiglianza tra i nostri due contesti urbani, abbiamo voluto rivolgere a Miguel qualche domanda per capire meglio la situazione del piccolo paese latinoamericano, ma anche su alcune questioni che possono rappresentare punti d’incontro tra due periferie lontane, ma unite nelle problematiche legate ad esempio alla percezione securitaria e alla questione dei ghetti urbani dove vivono gli ultimi tra gli ultimi.
Domenica scorsa l’Uruguay ha votato per rinnovare il Parlamento e per eleggere il nuovo Presidente, per il quale però si andrà al ballottaggio a fine novembre. In Italia conosciamo la politica uruguaiana soprattutto dopo la presidenza di Pepe Mujica e i grandi avanzamenti fatti nel campo dei diritti civili e sociali. Il Frente Amplio si è confermato anche stavolta come prima forza del paese, quali sono i principali traguardi che ha raggiunto il paese con i governi del Frente?
Il Frente Amplio è, per definizione, una forza politica di cambiamento e giustizia sociale, creazione storica permanente del popolo uruguaiano, di carattere nazionale, progressista, democratico, popolare, anti-oligarchico e antimperialista. E’ proprio a partire da questi principi, che sono scritti nel nostro statuto, che lavoriamo dal 1971. Possiamo quindi dire che in 15 anni di governo l’Uruguay ha raggiunto traguardi molto importanti, prodotti dell’applicazione di innumerevoli politiche a beneficio dell’intera popolazione. È importante evidenziare la creazione di un’agenda di diritti riconosciuta a livello mondiale, che ha permesso una crescita della società sotto tutti i punti di vista. Il nostro modello di politica economica ci ha permesso di superare diverse crisi regionali senza squilibri e mantenendo costante la crescita economica durante i tre periodi di governo. Indubbiamente le politiche applicate dal Frente Amplio sono andate soprattutto a beneficio delle classi più emarginate, con piani per l’occupazione, la casa e l’istruzione.
Il nostro paese ha un movimento sociale molto consolidato e uno dei suoi membri più grandi è il movimento sindacale racchiuso nella Convencìon (PIT-CNT). Oltre a far parte del blocco del cambiamento, questa organizzazione ha compiuto progressi sostanziali in termini di trattative salariali e soprattutto in termini di condizioni e diritti del lavoro. Anche nel campo dell’educazione sono stati sviluppati piani che hanno impresso una svolta radicale nel processo storico. Il decentramento e l’accesso a un’istruzione pubblica di qualità hanno incrementato le iscrizioni e i risultati a tutti i livelli, abbattendo la dispersione scolastica. Questo è fondamentale per costruire una società più giusta ed egualitaria.
L’Uruguay ha un sistema sanitario nazionale integrato che ha anche permesso di fornire assistenza medica a tutti i livelli, con un’attenzione all’equità e alla decentralizzazione. Potremmo continuare ad elencare le politiche sociali, economiche e culturali, ma ci andremmo a dilungare troppo. Per concludere, il nostro paese è stato beneficiato dal governo del Frente sotto molti aspetti. La sfida è proseguire e migliorare tutti gli ambiti del nostro sviluppo, per continuare a costruire la Patria che tutti noi sogniamo.
Sappiamo che domenica è stato anche bocciato un referendum costituzionale in materia di sicurezza. In Europa da molti anni ha preso piede l’idea di una progressiva militarizzazione dei quartieri popolari in risposta al sentimento di insicurezza diffusa, spesso politicizzato ad arte, ma che lentamente diventa un mezzo di repressione e controllo sui territori. In che cosa consiste questa riforma e come pensate che vadano risolti i problemi di sicurezza nei quartieri?
La riforma costituzionale consisteva essenzialmente nella creazione di una polizia militarizzata per svolgere compiti di sicurezza interna del nostro paese. D’altra parte, avrebbe aumentato le ronde notturne e l’inasprimento delle pene. Noi sappiamo che la repressione non sarà mai la strada giusta ed è per questo che abbiamo sviluppato una campagna per contrastare la suddetta riforma. Non c’è dubbio che la militarizzazione delle strade non abbia funzionato in nessuna parte del mondo, anzi, spesso è diventata uno strumento di potere armato per i governi. La questione di fondo è chi ha in mano quello strumento, anche se in Uruguay oggi c’è un governo di sinistra che non è d’accordo con questi metodi, la realtà può cambiare e può essere molto pericolosa, ad esempio in un futuro governo neoliberista. Guarda cosa sta succedendo in Cile in questi giorni. La nostra lotta sarà sempre contro la criminalizzazione della protesta e siamo perché il popolo si esprima liberamente nelle piazze.
Questa iniziativa di riforma costituzionale è stata promossa da un’ala del Partito Nazionale, ma va detto che al di là dei partiti e dell’ideologia, lo sfondo della sua ideazione è puramente elettorale, con l’obiettivo di catturare voti su una questione sociale delicata come l’insicurezza. Gli attori della destra sono lontani dal fornire soluzioni ragionate e analitiche, basano tutto il loro contributo sul semplicismo. La società civile organizzata e i settori popolari hanno espresso la loro contrarietà alla riforma e tutti sappiamo che il percorso è l’educazione, non la repressione.
Parlando del problema della casa, come state risolvendo in Uruguay la questione delle baraccopoli, dei cosiddetti cantegriles, gli insediamenti informali? In che cosa consiste il “Plan Juntos” del governo e come si comporta la militanza sociale di fronte al problema abitativo? Sappiamo ad esempio che tu sei un membro del SUNCA, un sindacato molto attivo in attività sociali del genere…
Nel nostro paese vengono attuate molte politiche per la casa. Dall’Agenzia Nazionale della Casa e dal Ministero stesso si è mirato al consolidamento di soluzioni abitative per la società nel suo insieme. Non c’è dubbio che il budget ancora disponibile oggi sia scarso, ma in questa situazione e con le difficoltà che ciò comporta, sono stati fatti molti progressi. L’attuale legislazione ha accompagnato la crescita di questi piani e sono in agenda misure di politica abitativa che daranno molte più possibilità.
Attraverso il PIAI (programma di miglioramento vicinale) sono stati regolarizzati decine di insediamenti umani, occupandosi non solo del miglioramento della situazione degli alloggi precari, ma anche delle famiglie che vi abitano. Alcuni di questi insediamenti informali, o cantegriles, avevano molti anni e avevano visto crescere intere generazioni di famiglie.
D’altro canto, nel 2010 il Plan Juntos è stato creato dalla Presidenza della Repubblica su iniziativa di José Mujica, oggi nell’orbita del Ministero alle Politiche Abitative. Questo piano fornisce una soluzione socio-abitativa integrata e dobbiamo sottolineare che nei primi anni è stato finanziato con una grande percentuale dello stipendio del Presidente Mujica (circa 500.000 $ in totale) e con donazioni private. Il Piano ha anche trasformato la realtà dei quartieri, perché non si concentra solo sulla soluzione abitativa, ma funziona con la partecipazione degli abitanti sotto diversi aspetti. La costruzione delle case è effettuata dagli stessi beneficiari con l’aiuto di diverse organizzazioni sociali, come il Sindacato Unico Nazionale delle Costruzioni e Affini (SUNCA), che forniscono manodopera in maniera solidale e formazione al lavoro. Questa formazione, che viene somministrata soprattutto nella pratica, è anche uno strumento prezioso per l’ingresso nel mercato del lavoro, specialmente da quando l’industria delle costruzioni sta attraversando un buon momento. L’organizzazione e le lotte di questo settore hanno portato alla conquista di molteplici benefici, il ché rende questo lavoro un impiego apprezzato e ambito.
Oltre alla possibilità di apprendere mestieri, si incoraggiano l’associazionismo e l’economia collaborativa. Ad esempio, in diversi quartieri sono stati costruiti forni d’argilla e i partecipanti al Piano realizzano diversi prodotti per il commercio con l’aiuto di un fornaio. Ciò è importante perché genera reddito, ma soprattutto offre delle possibilità a settori della società che storicamente sono stati esclusi. Oggi queste persone sono nelle condizioni di poter accedere ad alloggi dignitosi, avere un lavoro e un’istruzione.
Voglio sottolineare che gran parte dei beneficiari sono donne capofamiglia, che in alcuni casi hanno subito situazioni di violenza di genere. Insomma, il lavoro sociale è importante sempre, ma in questi casi più che mai.