Lettera aperta sull’8 marzo (e oltre) a Ciampino
La violenza di genere è ancora un fenomeno strutturale nella nostra società. Episodi come violenze fisiche e femminicidi sono la parte più drammatica ma anche più visibile di tale problema, in altre parole, conseguenze ultime di dinamiche interiorizzate verso le quali non è mai stata rivolta nessuna attività di prevenzione sul nostro territorio. La violenza di genere è una questione sistemica e non può essere affrontata come un incidente emergenziale. È un fenomeno che va combattuto e non solo “controllato” ed “arginato”. Questa, secondo noi, è l’unica visione possibile di tale fenomeno. Relegarlo nella sfera del “controllo dei territori” non è soltanto inutile ma anche dannoso. Senza considerare il fatto che lanciare il messaggio univoco del controllo poliziesco come “cura per il patriarcato” nega totalmente la capacità di auto-rivendicazione ed emancipazione della donna.
Riteniamo di dover ribadire anche quali siano, secondo la nostra modesta esperienza, gli strumenti di lotta più efficaci in questo senso. Non per mera ideologia astratta, ma perché pensiamo siano gli unici strumenti in grado di porre fine e nel frattempo di garantire una discussione onesta e obiettiva sulla violenza di genere: da quella sistemica e strutturale silenziosa a quella più drammatica ed eclatante dei femminicidi – fenomeni di matrice socio-culturale e non accidentale, cioè oggetto di controllo poliziesco. Gli strumenti sono tutte quelle attività di presidio sanitario sul territorio e, insieme, di diffusione di conoscenza: dall’educazione alla formazione personale e umana, alle attività di cura per la comunità tutta. Educazione alla sessualità e all’affettività, che passano attraverso la scuola e la coesione civica negli spazi comuni preposti alla condivisione di conoscenze.
Con rammarico abbiamo deciso di non partecipare alla fiaccolata proposta per sabato prossimo dal Comune di Ciampino, il quale ha dato vita ad una programmazione per l’8 marzo che non ci ha visto coinvolte e non ci appartiene per metodi, obiettivi e cultura politica. La “forza e la solidarietà” che l’invito del Comune propone di dare alle donne vittime di violenza – sia quella perpetrata dai regimi oppressivi (a cui l’iniziativa fa riferimento riportando lo slogan “Donna Vita Libertà”, urlato dalle donne iraniane), sia quella visibile e invisibile che avviene tra le mura domestiche e i contesti sociali ed economici – non può passare attraverso l’esaltazione delle azioni di polizia e vigilanza, come abbiamo visto in questi giorni a Ciampino, ma deve partire dalle battaglie sociali e culturali di autodeterminazione.
Come Officine Civiche da anni raccogliamo le proteste e facciamo nostre le lotte per una società più giusta, solidale ed eguale nei confronti delle donne e delle soggettività queer: per cui non possiamo accettare che tale lotta si combatta attraverso la militarizzazione dei territori e il ricorso alla polizia come primo presidio preposto alla protezione (ignorando la prevenzione) dalla violenza di genere. E’ senz’altro importante dare un segnale di ascolto da parte delle Forze dell’ordine (che devono fare bene il loro lavoro ed essere formate a riguardo) e di non negazione della violenza di genere. Ma se questo appare come il principale intervento in tale direzione, siamo daccapo di fronte al problema.
Quando vedremo impegni concreti nelle politiche sociali nei confronti delle donne che vivono in contesti abusanti, delle donne che vivono sole o hanno in carico tutto il lavoro di cura di bambini/e e anziane/i, delle tante donne del nostro territorio senza casa, senza residenza, senza reddito e lavoro, solo allora riterremo coerente per noi stesse partecipare a parterre istituzionali per la Giornata Internazionale delle Donne nella nostra città. Al contrario siamo state, come ogni anno, in corteo per le strade di Roma l’8 marzo, per lo sciopero globale e generale transfemminista indetto da “Non una di meno”, nella cui piattaforma ci siamo sempre rispecchiate, a partire dall’esigenza di agire nelle lotte in modo trasversale, contro patriarcato, capitalismo ed estrattivismo come un unico sistema abusante sui nostri corpi, sulle nostre vite e sul pianeta terra.
Un ultimo punto che osserviamo con dispiacere è l’assenza di coinvolgimento di molte altre realtà ed enti impegnati su questo fronte. Dall’Amministrazione ci aspetteremmo un ruolo di promozione e co-costruzione di comunità tra cittadini/e, enti pubblici, soggetti organizzati, attiviste/i, volontariato, in un’ottica di progettazione partecipata così come prevista dalle norme vigenti, che sempre abbiamo chiesto ma che stiamo faticando a riconoscere come impegno da parte di una politica che al contrario sembra preferire i vecchi metodi dei rapporti bilaterali, con azioni spot e scollegate tra loro, senza una visione d’insieme soprattutto in ambito sociale. Aderire ad una fiaccolata già organizzata, nell’ambito di progettualità che non conosciamo, calata dall’alto nei contenuti e nei metodi, ci dispiace ma non è il nostro modo di intendere le politiche sociali e di genere. Da parte nostra continueremo a chiedere alle Istituzioni locali la realizzazione di reti e spazi di partecipazione reale, fatte di persone in carne ed ossa, da far uscire dagli spazi istituzionali (e ristretti) della Casa comunale, ma facendo vivere le nostre strade, i nostri territori, dove i corpi e le identità di tutte e tutti possano sentirsi riconosciuti e rispettati non solo l’8 marzo.
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Foto di copertina: Le attiviste di Officine Civiche alla manifestazione promossa da Non Una di Meno a Roma per l’8 marzo 2023. (Autore: Daniele Napolitano)