Ucraina: una prospettiva solidale e popolare. Ne parliamo con Taras Bilous
La nostra associazione, dall’inizio della guerra in Ucraina, ha cercato di attivarsi in due modi: da una parte siamo mobilitati – insieme ad altre realtà – nella raccolta di beni di prima necessità per i rifugiati e per le persone intrappolate nelle città ucraine, cercando canali che abbiano come unico interesse quello della popolazione civile, senza distinzioni etno-politiche. Contemporaneamente cerchiamo di diffondere un’informazione completa e orientata ad analizzare i fatti dal punto di vista delle classi popolari, tanto in Italia quanto in Ucraina o in Russia, nonché dei giovani intellettuali coinvolti nelle cause della pace tra i popoli e contro l’ingerenza delle grandi potenze imperiali odierne.
Taras Bilous è uno storico ucraino, editore di Commons e attivista sociale. Da sempre si interessa di nazionalismo e guerra, scrivendo anche su riviste internazionali. E’ nato in Donbass da una famiglia di lingua ucraina ma politicamente divisa nelle prospettive del conflitto post-Maidan, come lui stesso racconta nei suoi articoli. Sul suo territorio ha animato importanti iniziative sociali rivolte alla popolazione di tutte le comunità linguistiche, nella prospettiva di un’Ucraina plurinazionale che, purtroppo, l’aggressione militare di Putin ha reso un obiettivo quanto mai lontano.
Nelle scorse settimane Taras è entrato in una delle unità di difesa territoriale per la protezione della popolazione civile nelle città, e si è reso noto per alcuni suoi interventi sulla guerra rivolti ai progressisti e agli antimperialisti di tutto il mondo. Lo abbiamo contattato per una chiacchierata sulla situazione attuale in Ucraina e sulle condizioni politiche prima e dopo l’invasione russa, con la voglia di ascoltare il punto di vista di un compagno direttamente coinvolto. L’idea di questa intervista è naturalmente quella di diffondere la voce di chi conosce in prima linea la situazione, con una prospettiva popolare, anti-coloniale e in termini di solidarietà internazionale.
L’obiettivo non è quello di fornire una visione univoca o certezze inossidabili, né di pretendere di assimilare in toto la visione altrui, ma nasce dalla nostra solida convinzione che nessuna analisi può essere fatta se non si conosce il punto di vista di chi, come Taras, ha dedicato anni alla costruzione di un’Ucraina solidale, giusta, libera e sovrana.
In quanto membri di Progressive International – come il vostro progetto editoriale Commons – abbiamo letto con interesse i tuoi articoli riguardo l’essenza imperialista di questa guerra, la situazione dei rifugiati e il punto di vista della sinistra ucraina in questo momento. La prima domanda è: vedi qualche differenza tra questa aggressione militare ed altre come l’invasione americana in Afghanistan e in Iraq?
Tutte le aggressioni militari sono diverse. Possiamo mettere a confronto l’invasione russa dell’Ucraina con l’invasione americana dell’Iraq o dell’Afghanistan, ma vale la pena analizzare ciò che è comune e ciò che è diverso in questi casi.
Apparentemente, il piano d’invasione della Russia aveva lo stesso obiettivo dell’aggressione americana in Iraq: rovesciare l’attuale governo e stabilire un governo occupante. Ma sembra che il loro piano sia già fallito: non sono riusciti a espugnare Kiev.
Ci sono però altre differenze evidenti tra questi interventi militari. Ad esempio, né l’Iraq né l’Afghanistan erano ex colonie statunitensi. Nel caso ucraino, Putin ha citato il fatto che l’Ucraina faceva precedentemente parte dell’Impero russo per giustificare l’aggressione.
Gran parte della classe lavoratrice in Europa del sud è concretamente spaventata dall’ipotesi di un’escalation della guerra in tutto il continente. Per questa ragione molti sindacati si dicono contrari al coinvolgimento dei propri governi nazionali nella guerra in Ucraina. Anche la questione dell’invio di armi è fonte di un acceso dibattito nei nostri paesi. Nella tua prospettiva, come può essere d’aiuto la classe lavoratrice in un’ottica di solidarietà internazionale?
Naturalmente, la classe operaia deve impedire la partecipazione diretta di altri stati a questa guerra. Ma per ora vediamo che gli stessi governi della NATO non lo vogliono. Secondo me, prima di tutto, almeno dovremmo evitare di peggiorare le cose. Per la sinistra ucraina è stato triste leggere la notizia che alcuni lavoratori italiani si sono rifiutati di caricare aiuti militari che sarebbero andati in Ucraina. Il nostro popolo sta conducendo una guerra di liberazione e ha bisogno di aiuto per la legittima difesa. Compreso il materiale bellico. La sinistra ucraina non è una sostenitrice della NATO, ma sappiamo che l’Ucraina non ha un’ampia scelta di alleati in questo momento.
Per quanto riguarda gli aiuti, le organizzazioni di sinistra e i sindacati possono fornire assistenza umanitaria ai rifugiati ucraini e ai residenti delle città assediate. Se qualcuno vuole aiutare la resistenza ucraina, ma non con le armi, le unità di difesa territoriale mancano ancora di giubbotti antiproiettile, kit di pronto soccorso e altro materiale. Inoltre, la richiesta di cancellare il debito estero dell’Ucraina può essere sostenuta a livello politico.
Parlando del panorama politico in Ucraina, in che misura l’estrema destra ha avuto successo negli ultimi anni? Com’era la situazione per i progressisti prima della guerra?
Il 2010-2018 sono stati gli anni di maggior successo per l’estrema destra ucraina. Sono stati in crisi negli ultimi anni e l’anno scorso è stato particolarmente negativo per loro. In particolare, la scorsa estate, dopo le dimissioni del ministro dell’Interno Arsen Avakov (che è considerato un mecenate del battaglione Azov), sono avvenuti numerosi arresti di estremisti di destra, compresi membri del Corpo nazionale (creato sulla base di Azov).
Inoltre, l’anno scorso i radicali di destra di Kiev hanno condotto una campagna contro diversi locali notturni, accusandoli di trafficare droga. Ciò ha notevolmente peggiorato l’opinione pubblica su di loro. Di solito attaccano gruppi emarginati, come i rom o le persone LGBT, questa volta si sono opposti ai club frequentati principalmente dalla classe media. Questo ha solo peggiorato la loro situazione. Naturalmente, anche così, sono rimasti piuttosto influenti nella “politica di strada” (nella politica elettorale i gruppi di estrema destra sono molto deboli e non hanno una rappresentanza nel parlamento ucraino). La sinistra ucraina è molto più debole rispetto a loro. Se la destra radicale riesce a mobilitare facilmente diverse migliaia di persone per strada, la sinistra radicale ne mobilita una cinquantina. Ma se valutiamo le dinamiche, la situazione per la sinistra ucraina lo scorso autunno era assai migliore rispetto a tre anni fa, mentre per l’estrema destra sta peggiorando.
Quale sarà la situazione dopo dipende molto dal corso della guerra. Ma è importante dire che questa volta la destra radicale non ha un ruolo così importante nelle azioni militari come fu nel 2014. Il ruolo principale è svolto dall’esercito e dalle unità di difesa territoriale: la milizia popolare. Questo fa sperare che non ci sarà un rafforzamento dei gruppi di estrema destra dopo la guerra.
Qual è la tua posizione sulla situazione in Donbass? Sembrerebbero esistere anche gruppi russi apertamente fascisti, attivi in Donbass nelle fazioni separatiste, ma molti europei di questo non ne sanno niente. In generale si crede che la ragione dei separatisti abbia a che fare con una sorta di nostalgia sovietica. Si tratta davvero solo di questo?
La posizione separatista del Donbass non si riduce alla nostalgia sovietica. Forse il miglior quadro per spiegare la guerra nel Donbass è quello del conflitto tra due nazionalismi, in cui persone di opinioni diverse, tra cui la sinistra e l’estrema destra, hanno preso parte da entrambi i lati. Ma la situazione nel Donbass è un grande argomento a sé, che meriterebbe una conversazione più lunga.
E’ importante capire alcuni punti. In primo luogo, l’inizio della guerra nel Donbass fu un processo complesso. Da parte filorussa, gli attori principali erano tre: il movimento di base, emerso come reazione alla vittoria di Maidan; le élite regionali che hanno cercato di usare il movimento separatista per mantenere il loro potere, che vedevano minacciato dal nuovo governo post-Maidan; la Russia, le cui azioni hanno intensificato la violenza e approfondito il divario tra le parti in conflitto. Se non fosse stato per le azioni della Russia, il conflitto nel Donbass avrebbe potuto limitarsi a scontri di piazza tra manifestanti filo-ucraini e filo-russi, piuttosto che degenerare in una guerra a tutti gli effetti.
Nei primi mesi di guerra, la Russia ha inviato solo pochi gruppi di sabotaggio in Donbass mentre un’offensiva su vasta scala dell’esercito regolare russo è avvenuta solo nell’agosto 2014, quando è sorta la minaccia di una sconfitta dei separatisti. Ma la presenza russa c’è stata sin dall’inizio. L’evento chiave è stata la cattura della città di Sloviansk da parte del gruppo di Strelkov-Girkin [noto leader nazionalista e comandante di diversi battaglioni neofascisti russi, ndt]. Non sappiamo se abbia agito su indicazione diretta delle autorità di Mosca, ma è ovvio che non avrebbe potuto riunire il suo distaccamento nella Crimea occupata e attraversare il confine senza il permesso delle autorità russe. Del resto, anche l’annessione della Crimea ha influito sugli eventi, radicalizzando il sentimento.
L’anno scorso, Dmitry Demushkin, uno dei leader nazionalisti di estrema destra russi, ha dichiarato in un’intervista alla giornalista liberale russa Ksenia Sobchak che nel febbraio 2014, prima della guerra, gli era stato offerto di diventare sindaco di una città del Donbass. Secondo queste affermazioni, Dmitry Rogozin, allora vice primo ministro e attuale capo di Roscosmos [agenzia spaziale russa, ndt] gli fece direttamente la proposta. Lo stesso Rogozin proviene dai circoli neonazisti russi.
In secondo luogo, all’inizio della guerra nel Donbass, nell’aprile 2014, i sondaggi di opinione hanno mostrato che solo una minoranza nel Donbass voleva unirsi alla Russia o creare repubbliche indipendenti. Allo stesso tempo, però, oltre il 70% considerava illegale il governo formatosi dopo la vittoria di Maidan. I separatisti e la Russia hanno approfittato dell’elevata sfiducia e della paura del popolo del Donbass nei confronti del governo post-Maidan, infiammando fortemente la situazione.
La guerra ha tagliato in due, con la linea del fronte, quella che era un’unica regione e gradualmente ha approfondito il divario tra la popolazione su entrambi i lati della linea, mentre prima della guerra il sentimento era più o meno lo stesso in diverse parti del Donbass. Negli ultimi anni, i sondaggi d’opinione hanno mostrato come, nella parte del Donbass controllata da Kiev, la maggior parte delle persone considera il ritorno delle regioni separatiste all’Ucraina, senza autonomia, come l’opzione migliore per risolvere il conflitto, in modo che tutto torni com’era prima della guerra. Allo stesso tempo, nella parte separatista del Donbass, la maggior parte di coloro che sono rimasti lì considera l’annessione alla Russia l’opzione migliore. Ovviamente, quando alle persone da entrambi i lati è stato chiesto di possibili compromessi, il quadro si complicava ulteriormente.
Infine, è importante dire che mentre la Russia usa come giustificazione per l’invasione quella della “protezione” della popolazione del Donbass, le sue azioni dimostrano quanto siano ipocrite queste parole. Negli ultimi anni prima dell’invasione, il numero delle vittime in Donbass era diminuito in modo significativo, ma ora il numero dei civili uccisi nell’invasione ha raggiunto proporzioni impressionanti. La Russia ha raso al suolo piccole città del Donbass, come Shchastya e Volnovakha, e ora sta facendo lo stesso con Mariupol.
Leggiamo che alcuni gruppi sindacali ucraini stanno chiedendo maggiori garanzie per i lavoratori in tempo di guerra, accusando il grande capitale di non voler pagare il peso della crisi causata dall’invasione russa. Pensi che questo tragico momento per l’Ucraina possa portare a una nuova fase per le lotte popolari? Come vedi e cosa speri per il futuro?
Naturalmente, dobbiamo cercare di proteggere tutti i diritti politici e sociali che possiamo preservare durante la guerra.
A proposito di ciò che spero, ne ho scritto alla fine del mio ultimo articolo, rivolgendomi alla gente del Sud del mondo.
Immagine di copertina: katapult-magazin.de/en/article/ukrainian-farmers-stealing-russian-tanks