Ciampino e le lobby al potere: chi ha paura della partecipazione?
In questi mesi siamo stati silenti sulle tematiche che riguardano l’assetto urbanistico e il patrimonio pubblico del nostro territorio. Pensiamo, però, sia arrivato il momento di prendere una posizione in merito al dibattito che si sta svolgendo. Un dibattito, in realtà, relegato da parte dell’Amministrazione ai post su facebook. Solo nel corso dell’ultimo Consiglio Comunale, durante la discussione per l’approvazione del Documento Unico di Programmazione, si è iniziato ad intravedere qualche accenno di confronto sul tema. Ma non basta. Chiediamo una discussione pubblica, aperta, partecipata che coinvolga le persone che Ciampino la abitano e la vivono, dai giovanissimi alle persone più anziane, con il coinvolgimento di tutte le realtà sociali, culturali e politiche, dalle Associazioni culturali ai commercianti, dalle Associazioni sportive alle scuole. La democrazia non è una delega in bianco con la quale chi amministra si ricorda delle cittadine e dei cittadini solo quando ci deve chiedere il voto. Se questi sono anni decisivi per il futuro assetto della nostra cittadina, questa magnificenza di intenti non puó svilupparsi senza il confronto con tutte le forze in campo.
E qui, sgomberiamo subito il campo da un equivoco: la partecipazione non è consenso.
Siamo sempre stati particolarmente critici con l’Amministrazione che ha preceduto questa. Molto più critici di quanto non lo siano state le persone che ci stanno attualmente governando. La forte conflittualità è sempre esplosa in relazione a scelte che riguardavano proprio l’assetto urbanistico e il patrimonio storico-urbano. Via Reverberi, l’Igdo, il Parco dei Casali. Avevamo proposto un cambio di metodo, chiedendo l’approvazione da parte del Consiglio Comunale di un regolamento che disciplinasse processi partecipativi nel contesto di politiche di trasformazione urbana. In Consiglio Comunale la nostra proposta ottenne un unico voto favorevole.
Ma questa ormai è storia locale.
Tuttavia lo ricordiamo per evidenziare un dato: attivare politiche partecipative ha, tra le altre cose, la funzione significativa di rafforzare le istituzioni. Istituzioni (locali e non) che sono state indebolite nel corso del tempo e che vivono una crisi profonda nel contesto della democrazia rappresentativa. Favorire la trasparenza delle azioni amministrative mettendo a disposizione dati e atti (open government), coinvolgere i cittadini nella creazione di politiche pubbliche e strutturare strumenti di co-programmazione e di co-progettazione, non sono velleità da fricchettoni radical-chic. Queste sono le strade che municipalità in Italia e nel mondo stanno percorrendo per un unico e chiaro obiettivo: limitare il potere di condizionamento sulle decisioni politiche pubbliche di portatori di interesse particolare.
Nei prossimi giorni sapremo se il Regolamento per la gestione condivisa dei Beni Comuni Urbani, presentato al Consiglio Comunale di Ciampino da noi e da altre realtà cittadine, verrà approvato o meno. Anche in questa proposta, il nostro obiettivo dichiarato è quello di non sottometterci all’idea che chi è ricco possa decidere del futuro di noi tutti. E pensiamo che, per chi fa politica, sia imprescindibile avere fiducia nelle capacità diffuse e nell’impegno disinteressato delle donne e degli uomini di Ciampino. Per cui, perché non mettere al centro delle politiche pubbliche queste persone e investire sulla cittadinanza attiva per la cura dei nostri beni pubblici?
Non solo, riteniamo, inoltre, non sia sufficiente che un bene sia pubblico per esercitare funzioni che soddisfino interessi collettivi. Questa considerazione trova conferma proprio in questi giorni. Gli annunci via social dell’Amministrazione, confermati con accorate difese in Consiglio Comunale, parlano di beni pubblici sui quali soggetti privati investiranno fior di denari. Anche se noi siamo qui con le nostre azioni quotidiane a dimostrare che non é vero, ha ragione la Sindaca nel caso specifico quando dice che “nessuno fa niente gratis”. I privati che investiranno sui nostri beni pubblici, non lo fanno per beneficenza.
Sull’area della ex Cantina Sociale, a fronte della risistemazione della Biblioteca Comunale P. P. Pasolini e la creazione del teatro, direttamente collegata alla sala Consiliare P. Nenni, dove un tempo remoto sorgeva la Galleria d’Arte Contemporanea, sorgeranno gli uffici di una banca. E dietro un risto-bar e un centro biomedico. Più della metà dello spazio della ex Cantina Sociale non avrà una funzione culturale o di socialità, sarà solo sfruttato da soggetti privati che con il minimo investimento massimizzeranno il loro profitto. E mentre questo avverrà, il quartiere Folgarella verrà invaso dalla colata di cemento del Piano Integrato di Via Reverberi. Insomma, cemento e traffico. Con lo strumento della Finanza di Progetto, tutta l’area di Via Cagliari verrà gestita privatamente. Avremo tanti campi di padel. Ma solo per chi potrà permetterselo.
E poi c’è la grande illusione. Mentre i rendering impazzano sui social, nell’oscurità degli uffici del Comune, si mette a punto la “rigenerazione urbana”. Nessuno l’ha vista. Nessuno sa cos’è ma tutti ne parlano. È semplicemente una legge regionale che prevede programmi di intervento per la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente verso la diminuzione del consumo di suolo, la riqualificazione sismica, energetica ed architettonica degli edifici. Senza entrare nei tecnicismi, questo processo puó prendere molte strade a seconda di chi lo mette in campo. Sicuro è un elemento, ampiamente disatteso dall’Amministrazione, imprescindibile per la sua attuazione: la partecipazione civica. “L’adozione dei programmi di rigenerazione urbana da parte dei comuni è subordinata allo svolgimento di specifiche attività di informazione e partecipazione civica secondo quanto dettato dai relativi regolamenti comunali. Nei provvedimenti approvativi devono essere documentate le fasi relative alle procedure di partecipazione nelle modalità stabilite dall’amministrazione comunale”. Scriveranno nella documentazione da inviare in Regione che l’assessore competente e gli esimi architetti responsabili del processo non hanno mai risposto alle realtà associative che hanno inviato proposte e suggerimenti? Scriveranno che non si vede l’ombra di un confronto pubblico sul tema?
Infine l’Igdo. Tutti i ciampinesi sanno chi si è battuto perché quel colosso di immobile nel centro cittadino venisse acquisito a pochi spicci rispetto al suo valore reale dall’ente pubblico. E così allo stesso modo tutti i ciampinesi non hanno idea di quali siano i progetti del privato acquirente su quell’area. Ci dobbiamo accontentare di parole a mezza bocca dalla Sindaca, che in Consiglio Comunale parla di esercitare il diritto di prelazione. Possono i cittadini sapere che sta succedendo? Il privato vuole vendere e il pubblico vuole acquistare? Si stanno aprendo spiragli per rendere pubblico il centro di Ciampino? Quando ce lo fate sapere?
Mentre la pandemia che ci ha colpito ha messo in evidenza la criminosità di politiche che hanno disinvestito nel pubblico per dare invece ai privati, mentre c’è fame di servizi di qualità accessibili a tutte e tutti, si continua imperterriti a perseguire le stesse strade che ci hanno portato al baratro sociale ed economico.
Quali sono i motivi che spingono al silenzio piuttosto che al confronto? Chi ha paura della partecipazione delle cittadine e dei cittadini ai processi di trasformazione urbana della nostra città?